domenica 8 gennaio 2012

Storie di vita sabauda parte seconda: Piazza Vittorio

Estratto da Wikipedia: 
Piazza Vittorio Veneto è una piazza di Torino, in pieno centro. È detta dai torinesi semplicemente piazza Vittorio e si trova al termine di Via Po, a ridosso del fiume Po e della Chiesa della Gran Madre di Dio.
È inoltre la più grande piazza d'Europa priva di monumenti.
La piazza è notoriamente luogo di ritrovo e aggregazione giovanile. Moltissimi i locali che vi si affacciano direttamente molto frequentati la sera

Appunto.
Personalmente il termine aggregazione non mi piace per niente, direi piuttosto "espressione sociale di umanità varia" durante le serate torinesi. I locali che si affacciano sui due lati della piazza che d'estate si riempie di tavoli e tavolini, sono molti e tutti con la stessa funzione: entri, prendi da bere, esci per fumare o solo guardarti intorno, rientri o cambi locale, prendi da bere, fumi di nuovo, ti guardi intorno e passi una serata intera a parlare con amici, estranei, baristi, venditori di rose e di accendini. Gli argomenti sono sempre un misto frutta: dall'amore e le sue tragedie, al fantacalcio, al gossip della tua vicina (sconosciuta) che sta bevendo a fianco a te che secondo il parere della comunità riunita ha delle scarpe orribili (lato donne) ma un bel c*** (lato uomini).
I locali però non sono tutti uguali: c'è quello easy, quello trendy, quello fighetto, quello intellettuale, quello shabby chic, quello musical chic, quello tamarro e ognuno con la propria clientela integrata con il mood del locale: come un armadio dell'IKEA perfettamente montato che in casa trova la sua precisa collocazione. Ad esempio: se trattasi di locale con architettura minimal, bariste vagamente modelle, bancone interno bianco super lucido, è facile che i lui e le lei che decidono di bere un mojito in compagnia abbiano dei tratti ben definiti. Lui: camicia bianca, capello un pò leccato, jeans super alla moda, golfino in vita, sguardo alla corona, sorriso da ospite di Verissimo. Lei: minigonna ultra mini, tacco vertiginoso, borsa possibilmente ultrafirmata, t-shirt scollata con qualche ritocco in vista, trucco perfetto che nemmeno un make-up artist alla settimana della moda a Milano riuscirebbe a fare. 
Oppure.
Locale storico per la città, un pò trendy e un pò no, dj più o meno conosciuto, arredamento moderno ma non troppo, torinese ma non troppo, qualche faccia già vista facente parte dell'area musicale e/o intellettuale della città che sorride e vaga con un cocktail in mano. Lui: felpa, jeans, t-shirt, sneakers, espressione alla mi sono appena svegliato ma in realtà non dormo da 3 giorni perché sto realizzando un progetto creativo troppo figo. Lei: gonna, stivali, finto trasandato, occhiale da vista alla moda, borsa finto mercato cinese ma talvolta realizzata a mano dall'amica super creativa (pure lei) pezzo unico pagata 200 euro.
Io non sto né con il fratello di Corona, né con miss silicone ma ho una tendenza verso lo sguardo creativo perso nel vuoto anche se poi probabilmente la persona lavora in banca o fa l'avvocato o magari crea pezzi unici di borse, lampade, sedie. In realtà poco mi interessa il suo look, il suo portafoglio, il suo background. L'importante che abbia qualcosa di interessante da dire. Perché Torino è così. Per quanto sia grigia e nebbiosa d'inverno, con l'umidità del fiume che ti attraversa sottopelle, in realtà riserva colore nelle persone e negli umori, fornendoti uno spaccato sociale dell'Italia, attraverso una birra o un vodka tonic. Ci sono i figli del grande fratello e di Briatore talvolta sul tamarro andante via veloce, i torinesi che frequentano lo stesso locale da 20 anni e sono diventati amici del barista, le eredi sabaude di Sex & The City, i futuri manager dell'industria torinese (quale???) i creativi che creano solo dopo il quinto bicchiere di Barbera.
E allora forse questo è il motivo per cui la ami e la odi. 
Ed è per questo che Torino è casa mia come dice Culicchia.
E io sono d'accordo con lui.



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